“Mi chiamo i., sono albanese. All’età di tredici anni, sono stata rapita, da persone del mio paese di origine.
Sono stata portata in una casa, legata ad un letto, mi hanno imbavagliata e coperta gli occhi.
Silenzio, paura e buio totale e un dolore inspiegabile.
Ho sentito il male, non ho visto chi mi ve lo avesse fatto, so per certo che la mia infanzia è finita quel giorno.
in seguito sono stata portata in Italia.
Qui è cominciato il mio calvario, ho visto di tutto e di più costretta a subire violenze, nelle speranza che un giorno mio padre mi venisse a prendere.
Questo giorno purtroppo non è arrivato, per me.
Ho visto tante donne di tutte le nazionalità subire e soffrire le mie stesse violenze, o anche peggiori, semplicemente nel caso qualcuna fosse rimasta incinta non esistevano i medici ma calci e pugni, per loro era un antidolorifico, per loro era una cosa normale.
Non avevano paura di niente e di nessuno convinti che solo perché eravamo donne sole al mondo potevamo subire tutto. anche perché a volte la legge non è quello che sembra quando spesso ci fermavano le forze di polizia non se ne fregavano dell’età o dei segni di violenza che avevamo in faccia ma si preoccupavano semplicemente del permesso di soggiorno.
In venti anni di violenze ho aiutato tante donne a scappare, aspettando di trovare la forza per me stessa anche se ormai ero convinta di non avere altre possibilità nella vita, finchè un giorno mi hanno detto che avrei compiuto l’ultimo viaggio della mia vita, e li mi sono detta trova la forza, denunciali e inizia a vivere.
Che dire? il volto di una donna che subisce violenze è come la notte senza stelle oggi insieme possiamo superare qualsiasi ostacolo, il mio richiamo a tutti in generale, donne uomini e bambini è che insieme ce la possiamo fare a dire basta a qualsiasi tipo di violenza. chiudo ringranziando chi mi ha restuitito la fiducia nella legge, e una possibilità di un futuro”.